Si avvicina sempre più la giornata amarcord per l'Ascoli capolista. Se nel grande calcio ormai immolato ai petroldollari di sceicchi o multimilionari solo una medaglia al collo e una coppa al cielo possono infiammare i cuori dei tifosi, per riscaldare l'animo della passionale tifoseria marchigiana basta un paio di calzini rossi. Chi pensa ad una nuova trovata nel campo del marketing sbaglia di grosso, quello del club bianconero rappresenta infatti un suggestivo tributo al calcio dei pionieri che fu leggenda e poesia, suadente musica per sognatori e nettare per i ferventi adulatori del dio pallone, delizia per gli stadi pieni e ispirazione per le ardenti discussioni da bar, sacro come la rovesciata di Parola e profano come il gol del 3-2 dell'inglese Hurst convalidato tra mille polemiche nella finale mondiale del '66 contro la Germania: il calcio del vulcanico e battagliero Costantino Rozzi. Il "Presidentissimo" dei quattordici campionati ascolani in serie A era infatti famosissimo per il suo esser verace e per quella scaramanzia che lo spinse a indossare gli inconfondibili calzini rossi in occasione di tutte le partite del club marchigiano che aveva reso suo il 6 giugno 1968 rilevando la Del Duca Ascoli. Straordinario imprenditore edile, realizzò proprio lo stadio Del Duca oltre ad altri impianti come il Renato Curi di Perugia. Durante la sua gestione, che nella stagione 1974/75 portò per la prima volta il "Picchio" in massima serie, Rozzi si rese protagonista di intuizioni brillanti come la scelta di Carlo Mazzone in panchina e di calciatori come Brady, Moro, Anastasi, Giordano, Dirceu, Casagrande e Bierhoff. Quest'ultimo, bomber autore della doppietta che regalò alla Germania il trionfo ad Euro '96, rappresentò in particolare un'operazione di marketing ancor più che di rinforzo del club: arrivò in prestito dall'Inter nell'estate 1991 con la speranza che la sua presenza in rosa potesse soprattutto promuovere i prodotti ascolani in terra teutonica. Un autentico precursore di una strategia commerciale nel nome della quale a cavallo degli anni duemila numerose società ingaggiarono atleti orientali talvolta anche dallo scarno talento al solo scopo di pubblicizzare il proprio brand oltreoceano. Dopo le sole 2 reti in 17 apparizioni al primo campionato in A, Bierhoff si riscattò realizzandone poi 46 in tre anni di B prima di approdare all'Udinese. Il tanto amato quanto vulcanico Rozzi fu anche il primo presidente a portare in Italia un calciatore africano, ovvero la meteora ivoriana Zahoui. Scommise altresì sulla genetica, peccato che Hugo Maradona non si sia rivelato neanche lontanamente paragonabile al divino fratello Diego Armando. L'ardente passione lo spinse poi a sostituire ventuno allenatori, con anche Boskov tra i propri profeti della panchina. Nessuna scelta fu comunque mai lasciata al caso, tant'è che l'Ascoli del "Presidentissimo", impegnato oltre che in campo in una complessa battaglia contro i bilanci truccati e i costi di gestione che con grande intelletto intuì agli albori che avrebbero portato il calcio alla rovina, ebbe anche l'onore di calcare il prato del mitico Wembley in occasione della finale del Torneo Anglo-Italiano persa il 16 marzo 1994 contro il Notts County. I grandi nostalgici amano tutt'oggi pensare che i successi calcistici di Rozzi, compresa la Mitropa Cup vinta contro il Bohemians Praga durante la stagione
1986/87, fossero dovuti all'influsso positivo dei suoi calzini rossi che ogni anno l'Ascoli rispolvera in suo onore dopo quel nefasto 18 dicembre 1994, data della sua scomparsa anticipata il giorno prima dalla consueta visita alla squadra in vista della partita con il Pescara quasi a volerne rimarcare l'infinito amore per il club. A Rozzi, che vantava anche il titolo di Cavaliere del lavoro dal 1974 e una laurea honoris causa in Sociologia ricevuta nel 1989, sono dedicate la curva sud dello stadio Del Duca, un viale, una piazza nei pressi dello stesso stadio e un palazzetto dello sport a Villa Pigna, frazione di Folignano. Il "Picchio" ama ancor oggi commemorare le gesta dello storico patron indossando in occasione del confronto più prossimo al 18 dicembre la classica tenuta ad eccezione dei calzettoni che, anziché bianchi, sono rossi. Una tradizione che nell'ultimo quinquennio ha prodotto tra l'altro ben quattro vittorie e un pareggio: in serie B si sono arresi alla legge di Rozzi il Padova per 1-0 nel campionato 2009/10, la Reggina per 2-1 nel 2010/11, il Crotone per 2-1 nel 2011/12 e il Brescia, proprio il 18 dicembre, per 2-0 nel 2012/13. La scorsa stagione, in Lega Pro Prima divisione, il Gubbio invece riuscì a raccattare uno 0-0 comunque positivo per i marchigiani. Cinque sono poi i successi se si prolunga la scia all'affermazione in B per 2-1 all'Arechi contro la Salernitana del 2008/09. Per pescare l'ultimo ko bisogna tornare al torneo cadetto 2007/2008 quando proprio le "Rondinelle" riuscirono ad imporsi per 1-0: per aggirare la magia della data, il Brescia approfittò però del rinvio per neve del match inizialmente fissato il 15 dicembre e l'Ascoli, che quel giorno aveva preparato i classici calzini rossi, passò ai bianchi in occasione del recupero. Quest'anno l'Ascoli Picchio, nato dalle ceneri dell'Ascoli Calcio 1898, potrà onorare la memoria di Rozzi in una data da segnare sul calendario: il match più vicino al 18 è infatti il 21 dicembre, quando i bianconerri affronteranno l'Ancona nel derby del Del Conero. Ma qualora i dorici non dovessero rinunciare al proprio diritto di indossare la propria prima divisa completamente rossa, la capolista del girone B di Lega Pro dovrà indossarli la settimana prima contro il Santarcangelo. I tifosi spingono, un po' per tradizione e molto per scaramanzia, per la prima opzione, ma non è escluso che alla fine il club ripieghi direttamente sulla seconda per evitare infinite querelle campanilistiche. Una cosa è certa: il "Picchio", il cui simbolo rappresenta un tributo alla guida totemica che una leggenda greco-romana vuole esser stata seguita dai Sabini durante il passaggio dell'Appennino che li condusse proprio nel Piceno, vuole continuare il proprio volo verso la promozione anche nel nome di quel Costantino Rozzi che l'attuale patron Francesco Bellini ha sin qui spesse volte non a caso emulato indossando il medesimo amuleto con il sogno di ripercorrerne le straordinarie gesta in tema di risultati. E chissà che il "Presidentissimo", la cui cappella di famiglia si ritrova a due passi da quella che ospita il leggendario giornalista Tonino Carino che ne narrò l'epopea, non sia in questo momento con lui a commentare da lassù le imprese bianconere esultando ad ogni gol come ai tempi della sua belle epoque. Ovviamente sempre e rigorosamente con calzini rossi ai piedi.